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Nel cuore della Sicilia, uno sguardo sull’altro – Rete MoVI Caltanissetta

La Rete MoVI di Caltanissetta, la realtà del Movimento di Volontariato Italiano nel territorio nisseno, compie quest’anno 10 anni. Presieduta da Filippo Maritato, la Rete, che conta oltre 40 associazioni, gestisce la Casa delle Culture del Volontariato, un’immobile comunale in comodato d’uso molto ampio che conta spazi interni di 1000 mq e una grande zona esterna della medesima grandezza.  Territorio - Capace di coinvolgere centinaia di persone impegnate nella cittadinanza partecipativa -  dal socio-assistenziale al sanitario, dal culturale all’ambientale, dal ricreativo fino alle forme di attivismo legate ai diritti personali e sociali - la Rete MoVI della città nissena si cala totalmente nel proprio contesto provinciale: consapevole del tessuto culturale e sociale, coinvolge per oltre il 50% delle proprie attività migranti e seconde generazioni. Attraverso i protocolli di intesa con diverse istituzioni, quali l’amministrazione comunale, gli istituti penitenziari per adulti e minori e il Centro Sanitario Territoriale, il MoVI di Caltanissetta offre la disponibilità delle associazioni facenti parte della Rete per integrare al meglio l’offerta e il supporto alla cittadinanza. Socialità - Tra queste attività, ha grande rilevanza e impatto sociale il progetto - portato avanti da cinque anni - di accompagnamento e reinserimento sociale di persone affidate alla Casa delle Culture e del Volontariato dal tribunale nell’ambito del programma di messa alla prova. Si tratta di persone condannate per reati legati a droghe, alcol, violenza o violazioni del codice della strada, come il ritiro della patente. La gestione è completamente diretta e personalizzata. Attraverso un programma strutturato, vengono valorizzate le capacità e la presenza attiva di queste persone all'interno della casa, coinvolgendole nella vita comunitaria e nelle attività quotidiane. Parallelamente, viene offerto supporto terapeutico anche a minori, con interventi mirati. A sostegno di questo progetto c’è un’équipe composta da 15 psicologi, appartenenti alle associazioni facenti parte delle Rete, che si occupano dell'accoglienza, dell’ascolto e dell’accompagnamento psico-sociale degli utenti, garantendo un servizio continuo e qualificato. Famiglie  - La Rete MoVI nissena, in accordo con l’amministrazione comunale, ha inoltre attivato, all'interno della struttura, 12 sportelli dedicati all'Assegno di Inclusione con l’obiettivo di offrire un supporto concreto alle famiglie in difficoltà. Gli sportelli si occupano della presa in carico dei nuclei familiari bisognosi, facilitando il collegamento con associazioni del territorio capaci di rispondere alle diverse esigenze emerse. La Casa delle Culture e del Volontariato interviene direttamente nella valutazione delle situazioni familiari e, nel momento in cui emergono problematiche specifiche, fornisce contatti e accesso a una rete di sostegno formata da realtà associative locali. Tra le iniziative più rilevanti spicca il Banco Alimentare, che attualmente assiste circa 200 famiglie, equamente divise tra migranti e cittadini italiani. L’integrazione è il filo conduttore di tutte le attività promosse dalla Rete nissena Un esempio concreto è rappresentato dall’apertura di 25 nuovi negozi nel centro storico di Caltanissetta, realizzata grazie a percorsi di inclusione sociale e lavorativa. Ascolto - La Casa delle Culture e del Volontariato è alle porte della città, in una zona periferica ma raggiungibile con i mezzi pubblici, questo luogo rappresenta della rete di solidarietà del Movi Caltanissetta. Ma grazie alla collaborazione con i Centri Servizi, la Croce Rossa e Federconsumatori, è stato possibile aprire uno sportello d’ascolto e supporto nel centro cittadino, avvicinando così l’assistenza a chi ne ha più bisogno: questo sportello è in centro città ed è facilmente raggiungibile per chiunque. Riconoscendo il grande valore territoriale della Rete, un ulteriore gesto di generosità è arrivato da una comunità religiosa, che gli ha donato  anche una casa situata in una delle zone più svantaggiate della città. Non si tratta di un luogo qualunque: è la dimora storica dove nacque il Beato Angelo Colipani. Oggi quegli spazi sono stati trasformati in un centro di accoglienza per minori, dove si svolgono attività di doposcuola e supporto socio-educativo. Durante tutto l’anno, in questa struttura vengono raccolti giocattoli - nuovi, usati o da riparare - destinati a regalare un sorriso ai più piccoli. In occasione del Natale, un’iniziativa particolarmente toccante coinvolge le persone private di libertà dell’istituto penitenziario cittadino: grazie al contatto diretto con le associazioni della Rete, comunicano l’età dei propri figli e ricevono giocattoli da consegnare durante i colloqui, creando così un momento di affetto e vicinanza familiare. Ma la solidarietà non si ferma qui. Per l’Epifania, i volontari organizzano una distribuzione speciale: grandi pacchi trasparenti, colmi di giochi, vengono caricati su auto d’epoca messe a disposizione da un’associazione di veicoli storici associata alla Rete, per un tour nei quartieri più poveri della città. Un gesto simbolico ma concreto, che unisce tradizione, comunità e spirito natalizio. A dimostrazione della forza di questa rete solidale, l’unione tra le associazioni di volontariato e quelle sportive, in un’unione che contribuisce a sensibilizzare la cittadinanza sulle problematiche locali e sostenendo attivamente le iniziative del territorio. Multiculturalità - Tra gli ultimi progetti attuati dal MoVI Caltanissetta, ci racconta il Presidente Filippo Maritato, c’è il progetto Pronto mediatore. In molti comuni italiani la figura del mediatore culturale è ancora assente, soprattutto nei contesti più delicati come sanità, scuola e uffici pubblici. Per colmare questa lacuna, la Rete nissena da anni mette a disposizione, tramite la sua attività di volontariato, mediatori formati a disposizione per settori meno visibili ma fondamentali, come gli uffici anagrafe, la polizia municipale o la comunicazione di eventi luttuosi. Particolare attenzione è rivolta anche al sistema carcerario. Nel carcere locale, dove è presente un'alta percentuale di detenuti migranti, un mediatore culturale delle associazioni in rete entra regolarmente ogni settimana con il ruolo di ascoltare, interpretare i bisogni e cercare soluzioni concrete. “È un punto di riferimento per molti detenuti che spesso non riescono nemmeno a spiegare le proprie necessità”, racconta Maritato. Il nodo, come spesso accade, è economico: molti Comuni non hanno le risorse per assumere mediatori. Da qui nasce l’iniziativa Pronto Mediatore, un progetto del MoVI Caltanissetta che mette a disposizione tramite i propri volontari una linea telefonica attiva tutti i giorni. In caso di necessità, si valuta l’invio immediato di un mediatore oppure si prova a risolvere il problema a distanza, garantendo comunque una risposta entro 24 ore. Il progetto ha ormai preso piede in tutta la provincia. Si tratta di 20 mediatori culturali di varie lingue: progetto che vuole dare la possibilità di sostegno economico. Con un budget messo a disposizione dal comune totalmente dedicato al rimborso di chi fa il servizio. che permette un rimborso spese di 20 euro all’ora lordi. Questo impatta meno sulle casse del comune e fornisce un servizio. Guadagnare con un prezzo equo.  Scuola - Come detto, MoVI nisseno è coinvolto stabilmente nelle attività istituzionali, in questa ottica, negli anni, anche il rapporto con il mondo scolastico si è consolidato, affrontando una delle sfide più complesse: l'integrazione. Nelle scuole la Casa delle Culture e del Volontariato porta storie di riscatto e testimonianze di vita concreta. Dietro ogni storia, un messaggio forte: l’integrazione è possibile, concreta, e passa anche dal coinvolgimento nelle associazioni. “Molti dei ragazzi che conoscono le nostre attività attraverso questi incontri scolastici si interessano alle associazioni della nostra Rete e rimangono attivi nel volontariato anche dopo aver completato i percorsi – spiega Maritato – perché scoprono un mondo nuovo, imparano competenze e si sentono parte di una comunità”.

CONFERENZA NAZIONALE 2022 – Intervista a Marianella Sclavi

Il volontariato è la voce del popolo

A pochi giorni della conferenza nazionale di Frascati abbiamo discusso con Marianella Sclavi (fondatrice di Ascolto Attivo e del MEAN – Movimento Europeo di Azione Nonviolenta) sul concetto di nonviolenza e sulle iniziative che il volontariato può mettere in campo oggi per far fronte ai conflitti internazionali che, con la guerra in Ucraina, stanno riemergendo in tutta la loro evidenza.
  Dottoressa Sclavi, la guerra in Ucraina ha fatto emergere nuovamente l’esigenza di una risposta nonviolenta da parte della comunità internazionale. Cosa vuol dire, oggi, il concetto di nonviolenza e cosa può fare l’Occidente per intenderlo in un’accezione attiva, e non come una reazione passiva a ciò che sta accadendo?
La guerra in Ucraina mette in luce l’assenza, in Europa, di corpi civili di pace: un’organizzazione di professionisti e volontari, capace di intervenire nei luoghi di guerra e trasformare il conflitto in punto di ripartenza per progettare il futuro, in un’occasione per costruire comunità. Se dopo la caduta del muro di Berlino l’Europa avesse capito l’importanza di dotarsi di un proprio esercito, difensivo e di pace, forse si sarebbe evitato il disastro attuale. I corpi civili di pace rappresentano il modo con cui uno Stato e i suoi cittadini possono reagire all’emergere di situazioni di tensione politica nei territori; è una forma di applicazione pratica del principio di nonviolenza intesa come azione di “violenza pacifica”, ovvero come un’azione attiva di lotta alla violenza e alle ingiustizie. Invece di discutere di questioni geopolitiche sull’Ucraina, come facciamo oggi, bisognerebbe risalire alle radici della questione, alle cause originarie del conflitto, e assumerci le nostre responsabilità in qualità di cittadini europei. È fondamentale per intervenire in modo costruttivo nel conflitto. Trasformare il conflitto russo-ucraino in occasione per progettare il futuro significa proprio questo: creare una comunità di cittadini europei, sull’esempio degli “Stati Uniti d’Europa” di cui si parla da tempo, con un modello di convivenza tra i popoli condiviso e che sia in grado di far fronte alle questioni dei tempi moderni, di un mondo estremamente globalizzato e che tuttavia rischia di farci ritornare alle divisioni tra i blocchi tipiche della Guerra Fredda. Invece dobbiamo agire per essere i costruttori di pace nel mondo, a tutti i livelli: individuale, dei corpi intermedi e istituzionale. Quale è l’apporto che il MoVI e il mondo del volontariato può dare in questo contesto? I volontari possono fare molto, dall’accoglienza di profughi all’invio di aiuti umanitari. Serve, però, un’organizzazione di coordinamento che metta insieme questi sforzi individuali, in modo tale che essi rispondano alle esigenze concrete della popolazione locale. L’esperienza che ho avuto con i civili ucraini impegnati nella resistenza mi ha fatto capire che non sempre gli aiuti che inviamo loro corrispondono a ciò di cui hanno effettivamente bisogno. Ecco perché queste azioni hanno bisogno del coordinamento e di un’organizzazione che si metta in contatto diretto con i comuni ucraini per intercettare le loro esigenze. C’è poi l’azione politica, in cui il mondo del volontariato può e deve proporre un’alternativa alle solite discussioni tra colpevoli e vittime, ovvero quella di un’Europa autonoma e compatta al suo interno, che grazie ai corpi civili di pace rappresenti il superamento della NATO e delle contrapposizioni tipiche della guerra fredda. Aggiungo che, anche in questo caso, i gruppi civili di pace vanno educati e formati perché, come ogni movimento di lotta collettiva, la loro azione non può essere affidata al caso e alle iniziative dei singoli. Secondo lei il mondo del volontariato può essere determinante nel raggiungimento di obiettivi così ambiziosi come quelli che lei ha proposto? Secondo me sì, può essere determinante perché il volontariato è la voce del popolo, perché essendo un’opera capillare sui territori e che parte dalla società civile, è un’iniziativa che le istituzioni non sono in grado di mettere in campo ma di cui hanno bisogno. Anche politicamente, il coraggio di avere una visione più ambiziosa del ruolo dell’Europa mi pare che possa venire solo dalla società civile, di cui il volontariato è protagonista. Però deve essere una visione condivisa, che abbia una rappresentanza nazionale e che faccia sentire il proprio peso nelle sedi istituzionali. Bisogna far capire ai nostri rappresentanti politici che i tempi sono cambiati e che le vecchie contrapposizioni ideologiche maturate nel secolo scorso non fanno più parte di questo mondo.

CONFERENZA NAZIONALE 2022 – Intervista a Angelo Moretti – Il welfare di comunità

Welfare di comunità è un welfare che non si vede ma c’è In vista del nostro incontro abbiamo chiesto qualche riflessione sul concetto di welfare di comunità, ad Angelo Moretti, promotore della rete nazionale “Per Un Nuovo Welfare” che sarà insieme a noi a Frascati per condividere esperienze e riflessioni su un tema centrale per il mondo del volontariato. Cosa significa fare welfare di comunità oggi? Il welfare di comunità è un welfare che non si vede ma c’è: per tanti anni il welfare è stato concepito secondo una logica basata sulle categorie di fragilità, che venivano assistite all’interno di strutture apposite ed esclusive (RSA, carceri, centri per migranti etc.). Una visione di welfare che io definisco “separatista” perché tende, di fatto, ad escludere dal resto della società i più bisognosi. Il welfare di comunità, invece, si realizza quando i gruppi sociali più bisognosi sono perfettamente integrati all’interno delle realtà in cui abitano e lavorano, in un sistema che si mantiene in piedi grazie ad una forma di economia sostenuta dallo Stato e dai cittadini. L’esempio paradigmatico è che una persona con disabilità deve poter lavorare in un contesto in cui l’attività economica e il sistema di welfare siano compresenti. Un altro mondo in cui il welfare di comunità risulta vincente per la collettività in generale è la scuola: dobbiamo pensare un sistema educativo in cui tutti gli alunni abbiano le stesse possibilità anche dopo il suono della campanella e non soltanto durante le ore di lezione. In questa ottica il welfare non viene considerato come un costo ma come un investimento per lo sviluppo sociale e del territorio. Welfare di comunità è un welfare che non si vede ma c’è In vista del nostro incontro abbiamo chiesto qualche riflessione sul concetto di welfare di comunità, ad Angelo Moretti, promotore della rete nazionale “Per Un Nuovo Welfare” che sarà insieme a noi a Frascati per condividere esperienze e riflessioni su un tema centrale per il mondo del volontariato. Cosa significa fare welfare di comunità oggi? Il welfare di comunità è un welfare che non si vede ma c’è: per tanti anni il welfare è stato concepito secondo una logica basata sulle categorie di fragilità, che venivano assistite all’interno di strutture apposite ed esclusive (RSA, carceri, centri per migranti etc.). Una visione di welfare che io definisco “separatista” perché tende, di fatto, ad escludere dal resto della società i più bisognosi. Il welfare di comunità, invece, si realizza quando i gruppi sociali più bisognosi sono perfettamente integrati all’interno delle realtà in cui abitano e lavorano, in un sistema che si mantiene in piedi grazie ad una forma di economia sostenuta dallo Stato e dai cittadini. L’esempio paradigmatico è che una persona con disabilità deve poter lavorare in un contesto in cui l’attività economica e il sistema di welfare siano compresenti. Un altro mondo in cui il welfare di comunità risulta vincente per la collettività in generale è la scuola: dobbiamo pensare un sistema educativo in cui tutti gli alunni abbiano le stesse possibilità anche dopo il suono della campanella e non soltanto durante le ore di lezione. In questa ottica il welfare non viene considerato come un costo ma come un investimento per lo sviluppo sociale e del territorio.