Gli spunti dell’incontro online di giovedì 30 marzo

Ci vuole creatività e coraggio per dare casa al volontariato, in ogni territorio dove sorgono le Reti di volontari. Perché ce n’è proprio bisogno, per dare un volto e una dimensione politica a quello che facciamo. Politica, cioè in grado di trasformare e incidere alla radice sulle ferite di questa nostra società.

Sono le parole con cui il vicepresidente del MoVI Giovanni Serra ho concluso l’incontro online del 30 marzo scorso, dal titolo: IL MOVI CASA COMUNE DEL VOLONTARIATO ITALIANO, terzo appuntamento da remoto in vista dell’Assemblea nazionale (2-4 giugno 2023, Frascati). Il dibattito si è aperto con l’intervento del nostro presidente, Gianluca Cantisani: «Di fronte alla frammentazione che abbiamo in Italia, l’idea di avere un luogo in ogni città per confrontarsi su quello che sta accadendo è importante. Abbiamo la necessità di ricostruire i legami dal basso. Ognuno deve farlo nel proprio territorio, per non essere isolati. La Casa comune del volontariato assomiglia a qualcosa del genere».

Oltre 45 i partecipanti al webinar – provenienti da varie regioni d’Italia – che hanno ascoltato i temi di fondo messi sul tavolo per avviare la discussione, a partire da una domanda che ci chiama ad interrogarci sull’identità del volontario: cosa significa essere Casa Comune del Volontariato? Come possono organizzarsi le reti territoriali per valorizzare la grande riserva di gratuità che c’è nelle comunità? Quale spazio possiamo offrire a quelle esperienze di volontariato che non entreranno nella riforma del Terzo settore?

L’idea della Casa comune del Volontariato – ha detto Serra – la stiamo maturando da alcuni anni. E rifletterci significa cercare risposte che possono venire da quattro punti fermi.

Intanto mettendoci d’accordo sul significato dei termini Volontariato e Volontario (contigui, ma non identici). E poi: siamo consapevoli delle tante facce che ha la gratuità nel nostro Paese? Terzo, chiediamoci perché costruire una Casa comune e con quali scopi. Quarto: in che modo le Reti territoriali possono costruire la Casa del volontariato come spazio di incontro?

La definizione: volontariato e volontario non sono termini coincidenti. Si intrecciano ma rimangono diversi se non si integrano secondo 4 coordinate fondamentali: gratuità; radicamento nella vita delle comunità; cura delle relazioni; dimensione politica per agire in vista dell’edificazione di una società più giusta e sostenibile. In altre parole: «I volontari non sono esperti, ma parte di una comunità. Sono radicati nel contesto in cui operano». Di conseguenza, la cura delle relazioni è l’espressione migliore dell’essere volontari: «La vera specializzazione dei volontari è la capacità di costruire relazioni nel riconoscimento della dignità altrui». Sono relazioni che potremmo definire, secondo Serra, persino terapeutiche perché contribuiscono a “curare la società”. Non ci accontentiamo di mettere panni caldi o cerotti sulle ferite, ha insistito provocatoriamente il vicepresidente; potremmo dire, con un paradosso, che «i volontari agiscono per non essere più necessari», e ciò significa agire per una dimensione politica più ampia.

Altra considerazione: il volontariato non abita più solo nelle organizzazioni di volontariato strutturate. Dobbiamo prendere coscienza di questo (anche per la spinta data dalla riforma del Codice del TS). Le inchieste confermano che sebbene alcune forme tradizionali siano definite per essere “largamente abitate da volontari in grande maggioranza”, oramai essi sono presenti anche fuori dagli enti di TS (anche piccoli, a cui non serve necessariamente adeguarsi a procedure burocratiche per essere riconosciuti in quanto tali).

Inoltre, in Italia c’è una presenza molto significativa, di almeno 3 milioni di persone che esercitano la gratuità in modo individuale, senza un’organizzazione di appartenenza. Dobbiamo riconoscere che questa riserva di gratuità non è più solo nelle ODV. Per questo è necessaria una Casa comune: per riconoscersi e fare strada insieme, sostenersi gli uni con gli altri, accordarsi per agire; perché la dimensione politica del volontariato per il cambiamento richiede una “casa aperta”.

Sul cambiamento culturale, però, dobbiamo fare quadrato, e non accontentarci. «Produciamo cambiamento quando generiamo legami che fanno bene, relazioni durature, che indirizzano nella direzione del Noi, in controtendenza a quella dell’IO, oggi prevalente».

«Abbiamo davanti una grande sfida educativa che può consentirci di fare un cambiamento sociale interessante. Abbiamo bisogno di fidarci degli abitanti delle comunità e, quindi, di coinvolgerli. Per questo serve una Casa che sia permeabile e aperta. Che sia fisica, lì dove ci sono le condizioni (le “mura”), ma anche immateriale, e svolgere quelle funzioni che uno spazio inclusivo permette!».

Serra ha proseguito domandandosi: come facciamo ad essere rete di Volontariato? È una questione di cuore: i fondatori di una Casa devono pensarsi come edificatori che non bastano per sé stessi, ma che tendono ad allargarsi, oltrepassando i propri confini. Ma non c’è il rischio della disparità quando si hanno diverse modalità di essere, ci si potrebbe chiedere? No, se si acquisisce il “Metodo del consenso”, sottolinea Serra: tenere conto delle posizioni di tutti; che non vuol dire unanimità forzata ma inclusione, ascolto sincero, condivisione, elaborazione di idee e proposte.

Il nostro secondo vicepresidente, Alfonso Gentile, si è concentrato sulla necessità del “passaparola”, elemento adatto a costruire la nostra Comunità anche in luoghi dove non siamo presenti. «Nella fatica di questo lavoro, come costruttori di legami abbiamo davanti a noi questo modo di “essere” volontari, nelle diverse dimensioni. Mettendo al primo posto il rapporto con il territorio, che è fondamentale per essere attori protagonisti del cambiamento che immaginiamo per la società. E quindi, consideriamo il concetto di “impegno”, che per ognuno di noi deve assumere il senso di: capacità di coniugare appartenenza e responsabilità».

 

Il dibattito on line che è seguito alle due rapide introduzioni è stato vivace; un assaggio dell’assemblea del prossimo giugno.

Ha colpito in particolare il “Metodo del consenso” che indicato da Serra: un metodo da approfondire, soprattutto perché fa parte delle caratteristiche essenziali del MoVI, insieme al suo radicamento sul territorio. In quest’ottica, il consenso diventa lo strumento in grado di unificare le varie esperienze di volontariato su scala nazionale, agendo localmente ma seguendo un pensiero globale che ci identifica. Una visione incentrata sul concetto di trasversalità delle esperienze all’interno delle quali operiamo, che devono interagire tra loro per funzionare con efficacia. Durante l’incontro, si è evidenziato anche l’atteggiamento lungimirante che ci deve contraddistinguere; uno sguardo attento alle prossime generazioni, soprattutto per contrastare i fenomeni di fragilità educativa e di abbandono scolastico che continuano ad ostacolare lo sviluppo della nostra società nell’ottica dell’inclusione di tutti. È su questi presupposti che va edificata la nostra Casa comune del volontariato, fondata su relazioni durature e sulla condivisione delle corresponsabilità tra tutti i soggetti interessati ad entrarvi per tenerla in vita.

Infine, si è riflettuto sul concetto di gratuità, che non ha solo un carattere economico, di retribuzione, ma che intende anche la predisposizione con cui individui e associazioni operanti sul territorio intendono il volontariato: un’attività che non presuppone vantaggi personali, che non può essere un pretesto per fare politica, e che non va ridotta all’assenza di un compenso economico come contropartita. Un concetto, quello di gratuità, che non va sventolato come bandiera per dividere i buoni dai cattivi, come ha sottolineato Serra in conclusione del dibattito. «Si tratta, piuttosto, di una possibilità, di un dono che ci viene offerto e che ci consente di maturare».

Riguardo all’educazione e al metodo del consenso, invece, ha aggiunto: «non ci sono maestri che insegnano ad altri. Ma gli uomini si educano collaborando e con la mediazione del mondo. Il metodo del consenso, allora, rappresenta una chiave per dire che non si ha sempre ragione, ma si è disposti a riconoscere quelle degli altri, in un confronto».

 

In conclusione, dal presidente, due notizie importanti:

  • è online il nuovo sito del MoVI, che vi invitiamo a navigare e a popolare;
  • recentemente sono nate 25 nuove reti territoriali, che parteciperanno – insieme alle altre – i prossimi 2-4 giugno alla tanto attesa Assemblea Nazionale.

 

Appuntamento dunque al 2 giungo, per continuare a costruire la nostra Casa Comune.

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