Una “Forza gentile”: così più volte è stata definito il mondo del volontariato il giorno della presentazione dei dati ISTAT il 10 maggio scorso. Il «Volontariato è una dimensione profondamente civile del nostro Paese», ha sottolineato in apertura Francesco Chelli, consigliere ISTAT.

E il rapporto presentato lo testimonia. Si tratta della seconda edizione della Rilevazione multiscopo legata al Censimento permanente delle istituzioni non-profit (INP), realizzata nel periodo marzo–novembre 2022 su un campione di 110mila realtà. Più del doppio della prima rilevazione.

L’obiettivo, si legge nel comunicato, è stato «cogliere le peculiarità, il ruolo e la dinamicità di un settore strategico come il non-profit in Italia, fornendone un quadro statistico ufficiale e affidabile». Il tutto, a partire dal Registro statistico delle Istituzioni non-profit, con la consapevolezza che le cosiddette rilevazioni campionarie multiscopo (realizzate con frequenza triennale) «rendono possibili approfondimenti tematici specifici rilevanti per policy makers, cittadini e stakeholder».

Ecco, quindi, che «i dati rilevati in questa edizione restituiscono informazioni su aspetti caratteristici e specifici del settore come le attività svolte dalle INP e i loro destinatari, le dimensioni economiche, le reti di relazioni, la comunicazione e la raccolta fondi, l’innovazione sociale, ma anche su tematiche più generali quali la responsabilità sociale, gli obiettivi di sviluppo sostenibile, la digitalizzazione e le conseguenze provocate dalla recente emergenza sanitaria da Covid-19». Proprio nella pandemia, il sistema, pur essendo stato messo a dura prova, nonostante tutto si è confermato un “presidio di solidarietà”, rivelando il suo ruolo chiave. Per due caratteristiche ineludibili, e che il Movi sottolinea come importanti e costitutive da tempo: prima, la capacità di costruire relazioni/reti stabili, strutturate e durature; la seconda, il suo radicamento sul territorio, con la capacità di coglierne bisogni ed esigenze, interpretarle e rispondere efficacemente secondo particolarità e specificità proprie. Ecco come il Terzo settore assume così un ruolo di “volano di innovazione”.

È stato importante, si è più volte sottolineato nel corso della presentazione, poter diffondere i primi dati a soli cinque mesi dalla chiusura della rilevazione: entro l’anno in corso saranno comunicati i dati definitivi in base al Registro statistico delle INP (aggiornato al 31 dicembre del ‘21).

Per quanto riguarda aspetti tematici di particolare rilevanza, relativi alle attività svolte dalle istituzioni non-profit orientate a categorie sociali portatrici di disagi specifici, fragili e/o vulnerabili, inoltre, si pensa di coinvolgere in futuro nella raccolta e nella interpretazione, proprio le organizzazioni che lavorano sul campo.

Qualche dato particolare, in sintesi.

Le istituzioni non-profit attive in Italia sono 363.499 e impiegano complessivamente 870.183 dipendenti. Tra il 2019 e il 2020 le INP crescono dello 0,2%, meno di quanto rilevato tra il 2018 e il 2019 (+0,9%), mentre l’incremento dei dipendenti si mantiene intorno all’1,0% in entrambi gli anni. Sebbene a partire dal 2018 siano cresciute di più nel Mezzogiorno, le INP presentano una distribuzione territoriale piuttosto concentrata: oltre il 50% è attivo al Nord, il 22,2% al Centro, il 18,2% e il 9,4% rispettivamente al Sud e nelle Isole

Ma il dato più evidente nel Censimento ISTAT sul non-profit italiano, come afferma il nostro vicepresidente Giovanni Serra, è sicuramente il calo drammatico dei volontari. Fra il 2015 e il 2021 si passa da 5,5 milioni a 4,6. Dunque, circa 900 mila volontari in meno, un dato certamente preoccupante. Su questo aspetto è sorta una discussione su alcune testate: «alcuni commentatori – sottolinea Serra – hanno interpretato questo fatto come l’esito delle restrizioni dovute al Covid: il distanziamento sociale avrebbe indotto molti a ritirarsi nel privato. Non si può escludere questo, benché tutti abbiamo avuto modo di osservare come proprio la drammaticità del periodo pandemico abbia indotto tante persone a darsi da fare gratuitamente per gli altri, dunque a fare volontariato». Quello che va precisato, però, chiarisce il vicepresidente, «è che l’ISTAT non evidenzia una riduzione del volontariato in Italia – su questo non sono stati forniti dati – quanto una riduzione dei volontari nelle istituzioni non-profit. Ciò che si può dire è che vi siano meno volontari nelle organizzazioni censite, non meno persone impegnate in azioni gratuite nel Paese». Ed è certamente una osservazione da tener presente in linea generale anche per il nostro Movimento.

 

Ci sono poi altre conclusioni che i ricercatori traggono e che fanno riflettere.

La forma giuridica che raccoglie la quota maggiore di istituzioni (85,2%) resta l’associazione, seguono le INP con altra forma giuridica (8,4%), le cooperative sociali (4,1%) e le fondazioni (2,3%).

Su cosa si attivano le organizzazioni? Una istituzione non-profit su sette è orientata a persone con disagio. E tra le Istituzioni non-profit orientate al disagio oltre la metà si dedica alle disabilità fisiche e/o intellettive. Eppure, la quota di istituzioni che si avvalgono di volontari è più alta rispetto al dato nazionale (72,1%) nei settori dell’Ambiente (86% delle istituzioni attive nel settore), delle Attività ricreative e di socializzazione (85,6%), della Filantropia e promozione del volontariato (84,6%), della Cooperazione e solidarietà internazionale (83,1% del totale del settore) e dell’Assistenza sociale e protezione civile (78,3%)

Sono rilevanti, inoltre, le “Relazioni significative” con i portatori di interesse (stakeholder), attivi nella maggior parte delle organizzazioni non-profit, ed è importante rilevare che gli stakeholder spesso sono coinvolti anche nella progettazione delle attività.

Sull’uso di tecnologia digitale, invece, si è ancora un passo indietro: le piattaforme digitali sono sì, utilizzate da quattro fondazioni su 10. Non è un numero ancora significativo e per lo più tecnologie usate in modalità non particolarmente incidenti sugli obiettivi, cioè volte per lo più ad archiviare e gestire meglio la documentazione. La carenza di risorse finanziarie, (e anche una scarsa considerazione sulla necessità specifiche per gli obiettivi) è uno dei principali ostacoli alla digitalizzazione.

Si legge (con soddisfazione), infine, nella sintesi del Report che «i volontari italiani rappresentano uno dei pilastri portanti del settore, svolgendo attività che incidono fortemente sullo sviluppo economico e sociale del paese, sulla qualità della vita, sulle relazioni sociali e il benessere dei cittadini. Occorre sottolineare quanto sia stato più che mai rilevante il loro contributo nel far fronte alle vulnerabilità e ai disagi sorti in seguito all’emergenza sanitaria da Covid-19».

Ecco, allora, perché suonano indicative e positive, nella giornata di presentazione, le parole di Alessandro Faramondi (della direzione Centrale per le statistiche economiche dell’ISTAT): «La presenza dei volontari in modo capillare nelle istituzioni NP rappresenta un’opportunità per lo sviluppo del Paese». A cui fanno eco quelle di Alessandro Lombardi, direttore Generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: «Il TS sempre più interlocutore anche nelle fasi importanti della nostra vicenda politica nazionale, come la costituzione di un Governo o per fare provvedimenti importanti. Vedi il Pnrr».

Più che un auspicio: per i relatori, un fattore da tenere presente per lo sviluppo della Società civile nel nostro Paese.

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