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Basta favori ai mercanti di armi – difendiamo la 185

Il MOVI, insieme a decine di organizzazioni della società civile riunite nel coordinamento “Basta favori ai mercanti di armi”, lanciano una mobilitazione per chiedere al Parlamento di non peggiorare i meccanismi di autorizzazione e controllo e i presidi di trasparenza sull'esportazione di armamenti previsti dalla legge 185 del 1990. "In un momento così drammatico della nostra storia", afferma il presidente nazionale Gianluca Cantisani, "sembrano prevalere istanze primordiali, inseguendo l'illusione che ci si possa salvare alzando muri, armandosi, mostrando i muscoli. Ormai tutti abbiamo sempre più chiaro che l’unica strada per la pace e la sicurezza è la strada della nonviolenza: risolvere i problemi e i conflitti con la diplomazia, l'interposizione nonviolenta, l'azione non bellica di pressione, la costruzione di tavoli multilaterali per affrontare seriamente gli squilibri, i disastri ambientali e le diseguaglianze che sono alla radice di ogni guerra. La guerra è una follia!" Difendiamo la trasparenza sull’export di armi italiane.

Firma anche tu la petizione  [CLICCA]

Per approfondire:

Leggi il comunicato stampa

https://retepacedisarmo.org/petizione-basta-favori-ai-mercanti-di-armi-fermiamo-lo-svuotamento-della-legge-185-90/

https://www.bancaetica.it/la-trasparenza-sullexport-delle-armi-e-sulle-banche-armate-e-sotto-attacco-difendiamola/

PROJECT MEAN si parte per KIEV e LEOPOLI

Siamo oramai agli sgoccioli, tutto è pronto per le 70 persone che partiranno alla volta di Kiev e Leopoli per due giorni importanti di condivisione e di proposta, dall’Ucraina per l’Europa. Non è più possibile ignorare la responsabilità che abbiamo come cittadini nel sollecitare le istituzioni ad adottare soluzioni che non portino distruzione e morte, a soluzioni che rispettino il diritto internazionale e l’autodeterminazione dei popoli. Se non bastasse ce lo ricorda l’ultima tragica vicenda in Palestina ed Israele. La missione in Ucraina ha una grossa ambizione nel voler fortemente che l’Europa si doti di strumenti civili popolari come i Corpi Civili di Pace, ce lo hanno detto i nostri interlocutori ucraini quando nel luglio 2022, alla domanda “cosa avremmo dovuto fare noi europei per aiutarvi?” ci hanno risposto: “dovevate venire e scendere per le strade con noi per fermare le colonne armate”. Quasi 300 azioni nonviolente sono state registrate da una ricerca portoghese nelle prime settimane di invasione. Donne, anziani, famiglie tutte in strada a guardare negli occhi i militari russi che con non poco imbarazzo e dopo molte titubanze, si facevano strada sparando in aria per spaventare la gente che li attorniava. E se fossimo stati anche noi migliaia con loro? Come sarebbe andata? Partiamo dunque con questa ambizione, una delegazione composita: rappresentanti di associazioni nazionali e locali, parlamentari, europarlamentari, sindaci e rappresentanti ANCI, giornalisti, musicisti, esperti di nonviolenza e tanti singoli attivisti. Tra questi un bel gruppo aggregato dall'appello del MoVI, di associati e di amici, dodici in tutto.
Per chi volesse seguire a distanza sabato 14 preghiera interreligiosa universale del sabato alle 16: canale YouTube del Masci @masciadultiscout
domenica 15 conferenza internazionale sui Corpi Civili di Pace: diretta sulla pagina Facebook del MEAN @meanprogetto.
 

Fermare la strage, subito! 11 Marzo, anche il MoVI a Cutro

Subito canali legali per entrare in Italia con visto umanitario, solo così si elimina il traffico di esseri umani!

Ci sarà anche il MoVI sulla spiaggia di Cutro il prossimo 11 marzo alle 14.30, per esprimere solidarietà con le vittime del naufragio e con le loro famiglie e per sostenere precise richieste affinché tragedie simili non si verifichino più. La strage di Cutro non è stato un incidente imprevedibile, ma solo l’ultima di una lunghissima serie di tragedie che si potevano e si dovevano evitare. Insieme alle realtà e alle reti promotrici di questa mobilitazione, ci proponiamo di aprire un percorso di iniziative, incontri, manifestazioni, affinché si “inverta la rotta”. Condividiamo e rilanciamo l’analisi e le seguenti proposte. La strage di Cutro non è stato un incidente imprevedibile. È solo l’ultima di una lunghissima serie di tragedie che si dovevano e si potevano evitare. Le persone che partono dalla Turchia, dalla Libia o dalla Tunisia sono obbligate a farlo rischiando la vita a causa dell’assenza di canali sicuri e legali di accesso al territorio europeo. I governi hanno concentrato i loro sforzi solo sull’obiettivo di impedire le partenze, obbligando chi fugge da guerre, persecuzioni e povertà a rivolgersi ai trafficanti. Se le persone morte nel mare davanti a Cutro avessero potuto chiedere e ottenere un visto umanitario non avrebbero rischiato la vita. Se ci fosse stato un programma di ricerca e salvataggio europeo o italiano, quel terribile naufragio si sarebbe potuto evitare. Sulle responsabilità delle autorità competenti indagherà la magistratura. Ma chi ha responsabilità politiche, in primo luogo il governo, non può ribaltare la realtà e scaricare sulle vittime il peso di una strage che ha visto la perdita di 71 esseri umani che si potevano e si dovevano salvare. È arrivato il momento di dire basta e di fermare le stragi.
  • Chiediamo un’indagine seria che faccia chiarezza su quanto è successo.
  • Chiediamo di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi di frontiera.
  • Chiediamo di realizzare immediatamente un programma europeo di ricerca e salvataggio in tutto il Mediterraneo, e sollecitiamo il governo italiano a chiedere agli altri Stati membri di implementare questo programma.
  • Chiediamo di attivare i visti umanitari previsti dal Regolamento Europeo dei Visti, consentendo così alle persone in fuga da guerre e violenze l’attraversamento delle frontiere europee in sicurezza e legalità.
  • Chiediamo di attivare ogni via d’accesso complementare, a partire dai reinsediamenti, dai corridoi e da altre forme di sponsorship e di ampliare i canali regolari di ingresso, senza usare questi strumenti per giustificare politiche di chiusura e respingimenti delegati a governi non UE.
  • Chiediamo di fermare ogni iniziativa e programma di esternalizzazione delle frontiere e di promuovere accordi bilaterali condizionati dal rispetto dei diritti umani e non dal controllo dei flussi migratori.
A chi non potrà essere a Steccato di Cutro chiediamo di mobilitarsi online scattandosi una foto con la fascia bianca al braccio e pubblicarla sui social con l’hashtag #fermarelastrage . Un sostegno simbolico ma significativo, per far sentire la nostra voce e contribuire a una presa di coscienza collettiva di ciò che è stato e che non dovrà più essere.

LA FORZA DELLA RETE: legami di solidarietà per ricostruire la speranza

Un incontro per approfondire il ruolo e le potenzialità delle reti territoriali MOVI per attuare gli articoli 2 e 3 della Costituzione.

Stiamo percorrendo, con un buon passo, la strada che ci porterà alla prossima Assemblea nazionale (prevista per il primo weekend di giugno, a Roma).  Si intensificano gli impegni preparatori per discutere, confrontarci, e soprattutto interrogarci su quali possono essere gli strumenti più efficaci per arrivare al meglio a questo appuntamento. L’ultimo incontro è stato giovedì 23 febbraio: La forza della rete: legami di solidarietà per ricostruire la speranza. Un incontro per approfondire il ruolo e le potenzialità delle reti territoriali MOVI per attuare gli articoli 2 e 3 della Costituzione. Solidarietà e Uguaglianza, principi cardine dei primi due articoli della Costituzione, sono stati introdotti da Dino Del Savio (segretario del MoVI – Friuli Venezia Giulia), che li ha correttamente individuati come concetti chiave per declinare in maniera sostanziale, inclusiva, diffusa e crescente quelle dinamiche che, seppure tendenzialmente attuate negli anni della nostra Repubblica, spesso hanno lasciato adito a qualche perplessità riguardo alla loro applicazione. Allora come costruire su questi cardini il nostro impegno di Movimento di volontariato? Nel dibattito sono emersi molti spunti. Possiamo qui, in sintesi, sottolinearne almeno tre, che sono in qualche modo indicativi per il nostro percorso, e che possiamo riassumere in tre parole chiave. La prima è, senza dubbio, Rete. Giocando un po’ con la parola, potremmo dire che assume sicuramente il valore di relazioni durature, strutturali, ancora più di legami (Gianluca Cantisani ha ribadito, in conclusione, che questi – se sono autentici – sono prioritari rispetto a qualsiasi forma organizzata di intreccio strutturale). Quindi il nostro obiettivo è fare Rete, costruirla nell’interesse di tutti e non in modo occasionale e opportunistico (ad esempio, per partecipare a bandi pubblici). Ma poi fare Rete significa anche raggiungere l’obiettivo. In questa nostra società sempre più individualista e soggettivistica, testimoniare che si può anche stare insieme in maniera proficua e intelligente è una nota positiva, indipendentemente dal risultato raggiunto. La seconda è, Territori. Intesi come città, province, strade, quartieri, piazza, case: tutti i luoghi dove realmente le persone vivono, con i loro bisogni e le loro esigenze, le loro aspirazioni e le loro speranze. Questi territori li dobbiamo conoscere e valutare, dobbiamo intercettarli e interpretarli, per poter lavorare con le persone (e non solo per le persone), perché altrimenti saremmo sempre limitati nelle nostre azioni. Ed è un territorio che bisogna vivere quotidianamente, non solo disegnarlo su precedenti schemi artificiosamente costruiti su criteri e modelli che non esistono più. (inventare con creatività, linguaggi e strade nuove, è un altro concetto emerso nel corso del dibattito). Terzo: Partecipazione. È alla base del modello attivo di cittadinanza, che il nostro Movimento ha inserito stabilmente nello Statuto. Ma c’è chi (con sincerità e proprio per questo in modo efficace) dice di temere che “l’anello debole sia il processo partecipativo”, che comprende sia le istituzioni, che gli enti, sia i semplici cittadini. E allora: come attrezzarsi affinché la partecipazione non sia mero auspicio, ma pratica diffusa e frequentata nei nostri territori? E allora ecco che gli strumenti presentati alla fine diventano fondamentali. Come una specie di paniere, una miniera a cui attingere, in misura diversa e con le specificità di ogni territorio. Le Officine, (seminari di animazione/formazione per le reti territoriali); i Cantieri (sostegno e coinvolgimento in progetti sovraregionali e nazionali per sviluppare una particolare tematica); i Ponti (scambi e visite tra volontari, con possibile invio di testimoni e relatori per riunioni e seminari); la possibilità di essere accreditati come sedi di servizio civile e di sviluppare progetti in Rete con le associazioni socie. Il tutto con il supporto di un nuovo sito, pensato e realizzato per funzionare adeguatamente al lavoro dei volontari, e di uno staff di segreteria nazionale che svolga il lavoro di assistenza Runts e di sostegno alle sedi territoriali, fornendo un supporto tecnico alle necessarie esigenze burocratico-amministrativa. Non siamo proprio agli inizi del percorso, ma cominciamo a vederne più chiaramente i contorni della sagoma che prende forma. I nostri sforzi per altri incontri seminariali di preparazione saranno senz’altro un contributo molto fruttuoso per vivere un’ottima Assemblea Nazionale. A presto!    

Verso l’assemblea MoVI 2023: Una casa per dare gambe alla speranza

Lancio delle piste di lavoro e dei temi di confronto verso la prossima assemblea del Movimento

  L’obiettivo è chiaro, il percorso anche: arrivare all’Assemblea nazionale prevista per la fine della primavera, condividendo domande e riflessioni a partire dal documento di rilancio del Movimento e, soprattutto, attivando incontri tematici sui territori, «non in forma astratta ma a partire dalle esigenze di quei luoghi e di quelle comunità affinché quei temi diventino fatti, idee, proposte», in grado di rispondere in modo positivo alle grandi sfide di oggi. Lo ha detto Giovanni Serra in chiusura all’incontro di mercoledì 18 scorso: «Verso l'assemblea MoVI 2023. Una casa per dare gambe alla speranza. Lancio delle piste di lavoro e dei temi di confronto verso la prossima assemblea del Movimento».   Circa 60 persone da tutta Italia, collegate via Zoom, che hanno cominciato ad impostare il confronto grazie ai suggerimenti e agli spunti introdotti da Ferdinando Siringo (MoVI Sicilia), che in breve ha tracciato un quadro della situazione italiana – e mondiale – evidentemente segnata da una forte crisi e da palesi segnali di sfiducia del cittadino nei confronti delle istituzioni. Quadro realistico, che bandisce reazione sconfortanti, ma dal quale si deve partire se il Movimento vuole impegnarsi per un rilancio attivo, propositivo e soprattutto incidente sulle comunità che viviamo. Il welfare, nei decenni del secolo scorso, si è fondato – ha detto Siringo – sul patto tra Stato e Cittadini, per impostare una strategia di inclusione sociale e di contrasto alle disuguaglianze. Quel patto, che consolidava i legami sociali e politici, si è rotto. Sorgono adesso alcune domande. Chiede Siringo: cosa è cambiato da allora? Cosa non c‘è più e cosa c’è di nuovo? E di conseguenza interroghiamoci: cosa serve adesso per garantire il patto? E cosa può fare un movimento di cittadini volontari per sostenere chi sperimenta l’aiuto e modelli più giusti di cittadinanza attiva nel territorio? Domande che confluiscono nella principale: come raccogliere la cultura diffusa nella rete, cioè come testimoniare e dare voce a quella ricchezza di idee ed esperienze che viviamo quotidianamente? Le risposte, inizio di quel dibattito che si spera sia vivace in vista dell’Assemblea, hanno cominciato a prendere forma. Anche attraverso la classica “nuvola” delle parole principali e dei legami tra esse e che, in modo immediato, indicano alcune strade da percorrere. Sono: Partecipazione, Condivisione, Amministrazione condivisa, Sussidiarietà, Coprogettazione, Democrazia attiva, Resistenza, Organizzazione dal basso, solo per citarne alcune. E soprattutto Fiducia, sulla quale si sono soffermati alcuni interventi per sottolineare quanto sia importante oggi – per ricostruire a “partire dal basso” e dalle esigenze reali dei territori – alimentare una costruzione di reti strutturata ed efficace. Ripartiamo dunque dalle belle esperienze realizzate in giro per l’Italia, senza trascurarle, si è detto. Il dialogo con le istituzioni ci ha reso protagonisti politico-sociali; superiamo un atteggiamento troppo “depressivo” e impariamo ad usare gli strumenti – tipo la co-progettazione o l’amministrazione condivisa – che ci consentono di attivare un profilo alto, così da non adagiarci su quel ruolo di “tappabuchi” che spesso si attribuisce, più o meno volutamente, al volontariato Per la riflessione futura, perciò, è importante tenere la barra dritta sulle caratteristiche indicate da Gianpaolo Bonfante (MoVI Lombardia):
  1. a) trasversalità: siamo Movimento e rete allo stesso tempo; ci si muove sui diversi campi che riguardano le attività umane (cultura sanità assistenza…);
  2. b) intergenerazionalità: siamo in una fase di trasformazione sociale particolarmente complessa e accelerata, che impone la ricerca di linguaggi nuovi che coinvolgano specialmente i più giovani;
  3. c) alleanze: siamo Rete, e allora un Movimento/Rete come il nostro deve essere «fertilizzato e fertilizzante insieme con altri movimenti». Quindi agire in una logica di alleanze, giocando di squadra, in modo tale che si “vinca la partita delle disuguaglianze”, insieme. Condividendo le linee di fondo. Ma per questo occorre darsi tempi medio-lunghi.
Il percorso è cominciato.

Accendiamo la comunità con la solidarietà: appunti dalla Conferenza regionale del MoVI – Friuli Venezia Giulia

Comunità e solidarietà. Due concetti che implicano una serie di esigenze fondamentali nella nostra società, che diventano sempre più impellenti con il passare dei giorni e con l’avvicendarsi degli eventi che ci coinvolgono, dal locale al globale. Da qui, l’idea di porre questi due concetti al centro delle riflessioni che hanno animato la conferenza regionale del MoVI – Friuli-Venezia Giulia, che si è svolta sabato 3 dicembre al Centro Balducci di Zugliano (Udine). Una giornata all’insegna della condivisione e della partecipazione. Una partecipazione ampia, che ha coinvolto non solo gli aderenti al MoVI ma anche gli appartenenti al mondo del volontariato, del terzo settore e della comunità in generale. Un’apertura consapevole, voluta fortemente dagli organizzatori, sulla base di un’idea ben precisa: il volontariato non può prescindere dall’ascolto e dal confronto con tutti i protagonisti della società che vogliono contribuire allo sviluppo delle sue dinamiche. Gli interventi dei relatori sono stati preceduti con un appassionato ricordo di Pierluigi Di Piazza, fondatore del Centro Balducci che ci ha lasciati pochi mesi fa. Letture e ricordi che hanno anticipato gli interventi di Don Paolo Iannacone (presidente del Centro Balducci) e di Franco Bagnarol, che hanno aperto gli interventi della conferenza. Il primo relatore a prendere la parola è stato Luciano Gallo, esperto di sviluppo locale che ha sottolineato come sia fondamentale generare economie di rete perché i territori si possano sviluppare. Secondo Gallo, lo sviluppo parte proprio dal territorio, in un rapporto virtuoso tra le relazioni e lo spazio in cui avvengono. In questo nuovo paradigma, è fondamentale un passaggio dalla logica dell’io a quella del noi. In quest’ottica, è necessario agire per diffondere una nuova economia del dono, in cui gli sforzi e le attenzioni della comunità devono essere rivolti al superamento delle fragilità. La fragilità che, quindi, diventa centrale nel passaggio da un «mondo che prende» a un «mondo che dà». Per raggiungere questo orizzonte è necessaria la creazione di nuove alleanze territoriali, nuovi modelli di cooperazione che contribuiscano allo sviluppo di comunità energetiche, di un welfare di territorio e di comunità digitali inclusive e solidali. Anche Ranieri Zution – esperto di welfare e secondo relatore di questa conferenza regionale – ha sottolineato l’importanza della fragilità come leva per il consolidamento dei legami sociali. La società individuale di oggi è in crisi sociale, demografica, economico/finanziaria, energetica, ambientale e sanitaria. In questo scenario, è necessaria un’inversione di tendenza. A tal proposito, Zution ha sottolineato che per superare l’individualismo imperante nella società (obiettivo che non è scontato raggiungere), serve empatia. La fragilità come innesco sociale, però, va prima vista dentro di noi per poi essere vista negli altri. Zution ha concluso il suo intervento con un concetto in cui anche il MoVI crede fermamente: «quando una comunità fa proprio l’appello della fragilità e ci lavora su, il primo beneficio è per la comunità stessa. Coesione è sicurezza». Il terzo relatore della conferenza è stato Fabrizio Coccetti, già capo scout d’Italia che, parlando di educazione degli adulti come cittadini partecipi e solidali, ha centrato l’attenzione sul concetto di rischio. Prendere in considerazione il rischio, infatti, fa parte del comportamento responsabile degli esseri umani, ed è sempre parte dell’educazione, a qualsiasi livello. «Progettare è rischio, generare è rischio». L’educazione è, quindi, anche un processo di trasformazione e il cambiamento, per essere grande, deve partire dal basso. In questo senso, prendendo esempio da don Lorenzo Milani, si può rischiare e scommettere per essere protagonisti nel luogo in cui si abita. Partire dal basso, appunto. Il cambiamento, per realizzarsi, deve partire dal desiderio; un concetto dimostrato dall’Italia del secondo dopoguerra. Nel pomeriggio i partecipanti si sono divisi in gruppi, guidati dagli animatori del progetto “Prove tecniche di volontariato”. Dalla fase di ascolto si è passati a quella generativa, in cui si sono costruite alcune basi utili a indirizzare il percorso futuro del MoVI. I gruppi hanno trattato questi temi:
  • I cambiamenti che vediamo in atto nella nostra realtà sociale locale e globale
  • Ambiente e cambiamenti climatici: quali sfide, che impegni per il volontariato?
  • Economia solidale e di comunità: come contribuire, da volontari, a uno sviluppo diverso?
  • Disuguaglianze e diritti: impegni e proposte per rimuovere gli ostacoli che impediscono una vita piena per tutti.
  • Partecipazione e cittadinanza solidale: quali possibili modi e spazi oggi?
Il momento conclusivo della giornata di sabato è stato riservato alla condivisione delle riflessioni emerse in questi gruppi, all’interno dei quali i partecipanti hanno condiviso le loro idee e le loro esigenze da volontari. Un momento importante di formazione e di crescita per il nostro Movimento, che proprio dal concetto di solidarietà deve trovare gli spunti per accendere la comunità che lo circonda.

Il divano e l’abbraccio: i volontari del MoVI a Kiev all’azione nonviolenta

Dal 9 al 12 luglio, il MoVI si è unito agli altri 150 volontari di MEAN per portare a Kiev un messaggio di speranza e contribuire ad un'azione nonviolenta di costruzione della pace.

Ecco  la testimonianza di Paolo

“si ma…”. In questi mesi di conflitto in Ucraina alzi la mano chi, anche con le migliori intenzioni, durante una discussione non ha sentito l’impulso di dire la sua, soprattutto di esprimere il disaccordo con questa o quella posizione ascoltata, sui protagonisti coinvolti direttamente o indirettamente nel conflitto? O di esprimere quel particolare ragionamento che sembrava mancare fino a quel momento. A volte lo si capisce dall’espressione dell’interlocutore il momento in cui scatta il “click” del “si...ma”. Nulla di male in generale, ma da appassionati – preoccupati – arrabbiati – sconcertati dovremmo  domandarci, alla fine: a chi è giovato quel ragionamento, quella discussione? A chi è giovato sviscerare o denunciare questa o quella responsabilità? Cosa ha apportato in termini di miglioramento della situazione dissentire o giudicare? Ci caschiamo tutti, con le più nobili intenzioni del mondo, nel replicare spesso il modello della contrapposizione, dello schieramento, del giusto/sbagliato, impegnati nel voler vedere riconosciuta la nostra ragione. Forse può servire a chiudere una discussione, a casa nostra, lontani dal conflitto e dai rischi reali per la vita, ma non sposta di un millimetro, ad esempio, la posizione di molti ucraini che ripetono incessantemente di essere stati pacifici e pazienti per anni, di non essere stati considerati dalla comunità internazionale (dal 2014 come minimo) e che ti spiegano che sono stati costretti a prendere in mano le armi per difendere la loro terra. E non c’è giustificazione più potente al ricorso alle armi di chi lo fa per difendersi perché costretto, perché altrimenti “non lo avrebbe mai fatto”. Ancora più potente di come se la racconta l’aggressore che probabilmente esegue solo degli ordini, quasi sicuramente mette a repentaglio la sua vita per una causa non sua e, in alcuni casi anche se ben pagato si trova costantemente a scegliere se il lauto stipendio vale la morte e l’impossibilità di goderselo. Un “noi” (quello degli ucraini) che si contrappone ad un “voi” (gli europei, per restare in casa). E come può esserci un unico “noi” se viviamo oggettivamente due mondi diversi, l’uno con la pioggia di missili e l’altro no? Come possono essere credibili il nostro ripudio della guerra, le proposte di cessate il fuoco se fatte al di là dei confini seduti sul proprio divano di casa? Come far capire che ci teniamo alle nostre sorelle e fratelli ucraini almeno tanto quanto ai valori di nonviolenza che perseguiamo? Solo entrando nella loro vita, condividendo la loro stessa condizione, “camminando per tre lune nelle loro stesse scarpe”, accollandosi  – per un po’ – su di noi il peso che portano loro. Allora  possono cominciare a credere che qualcuno tiene davvero a loro. Allora, dialogando, ti reputano credibile e si confidano per spiegarti davvero cosa vivono. Allora ti ringraziano anche se non porti armi o beni di prima necessità (cosa di cui hanno estremo bisogno). Allora ci tengono a scusarsi  perché sanno cosa stai rischiando ad essere lì con loro e non possono garantirti l’incolumità. Loro… che là sono e là restano…. . Allora ti dicono che sono molto consapevoli che noi in Europa stiamo facendo sacrifici per loro. Allora ti chiedono di farti portavoce presso la comunità più grande, quella europea – tra  una richiesta di aiuti e l’altra, tra formule di rito e discorsi istituzionali – che hanno bisogno di pensare al loro futuro e hanno bisogno di farlo insieme; che la pace è possibile e che non può essere delegata solo alle istituzioni ma che deve essere espressione della comunità di persone che abitano l’Europa. Allora si dimostrano interessati a collaborare alla costituzione dei corpi civili di pace europei. Chi di noi del MoVI, ha partecipato all’iniziativa a Kiev organizzata dal MEAN assieme a tutti gli altri attivisti – la prima vera iniziativa diplomatica popolare – ha vissuto tutto questo; sa che è solo il primo passo, sa che siamo ancora in pochi e che servirà coinvolgere ancora più fortemente le nostre organizzazioni, i nostri territori, le nostre istituzioni per rendere fattivo quell’abbraccio che cementa l’unico “noi” credibile e potente anche ai loro occhi. Chi è stato a Kiev come me, Elizabeth Rijo e Mimmo Guaragna, sa anche che tutto quello che si è realizzato non era affatto scontato e che solo grazie all’ascolto rispettoso, senza pregiudizio, la nostra proposta di pace ha più possibilità di vedersi realizzata. Non è stato facile, ognuno di noi ha dovuto fare i conti con le proprie paure, da un lato, e con le proprie opinioni, dall’altro ma ne è davvero valsa la pena. WE ARE ALL UKRAINIANS, WE ARE ALL EUROPEANS. Paolo Della Rocca